domenica 10 maggio 2009

Isacco Levi, appartenente al genere umano,ebreo di stirpe, italiano di cuore



Nonno Isacco




Il 29 gennaio 2009 i giovani universitari dell’Associazione Sant’Ignazio di Loyola di Villa S. Cataldo a Bagheria, hanno intervistato Isacco Levi, l’unico sopravvissuto della sua famiglia, alla Shoah degli ebrei decretata da Hitler durante la seconda guerra mondiale.
I ragazzi avevano preparato per tempo il loro intervento che avrebbe dovuto svolgersi al mattino all’aula consiliare, presenti le autorità, e rappresentanti delle scuole della nostra città. Poi all’ultimo momento, “per improrogabili esigenze organizzative”, gli organizzatori della manifestazione hanno annullato l’intervento. Grande la delusione dei ragazzi che tuttavia non si sono persi d’animo e alla fine della manifestazione, si sono presentati direttamente a Isacco Levi per chiedergli un colloquio. Lui con un sorriso dolcissimo, non solo ha accettato, ma ha voluto riservare loro uno spazio esclusivo all’ora di cena della stessa sera: da quell’incontro è scaturita questa intervista.

Quando sono arrivati alle 21 in punto, Isacco Levi era già lì ad attenderli, e non nella hall, ma proprio davanti l’ingresso: li ha salutati, abbracciandoli uno per uno, accogliente, ed arzillo malgrado i suoi 85 anni. Questo testimone della follia dell’olocausto, è un uomo minuto, dagli occhi mobilissimi; ha sulla tempia stempiata, una grande voglia di ciliegia che stranamente non disturba, anzi sembra ammorbidire lo sguardo penetrante che ti arriva subito al cuore. Sa accoglierti con la dolcezza di un sorriso di chi ancora spera nell’uomo e nel futuro, malgrado sia il testimone di una tragedia collettiva.
Quando si sono trasferiti in una saletta riservata della Porta del Pepe (l’albergo dove era ospitato), il feeling tra lui e i giovani è nato immediato e spontaneo: li ha fatti sedere in circolo intorno a sé e loro gli hanno subito proposto di adottarlo come “nonno Isacco”. E lui con gli occhi che sfavillavano di piacere e di ironia, ha subito risposto con semplicità, “volentieri” aggiungendo però subito dopo: “Sono però un nonno atipico, perché io non so raccontare favole a lieto fine, io posso solo testimoniare l’orrore vissuto a causa dell’odio della dittatura e della guerra… lascio a voi giovani il compito di scrivere il lieto fine nel vostro futuro, se saprete costruire una società più giusta e più democratica!”.

Con la prima domanda i ragazzi entrano subito nel vivo della questione:
Oggi lei gira tutta Italia per testimoniare ai giovani e nelle scuole l’orrore dell’olocausto. Perché ritiene così importante mantenere viva nelle nuove generazioni la memoria della Shoah, a quasi mezzo secolo di distanza dagli avvenimenti?
Io sono l’unico sopravvissuto della mia famiglia: in tredici sono morti nei lager di sterminio nazisti, io mi sono salvato solo perché sono andato su in montagna a combattere con i partigiani. Io credo che affidare ai giovani la memoria del passato, sia fondamentale per evitare di ripetere gli errori della generazione che ci ha preceduti. Il far memoria inoltre, conserva e tramanda tra le nuove generazioni, il senso di appartenenza ad una cultura e a dei valori ideali che costituiscono l'identità specifica ed irrepetibile sia di un popolo che dei singoli individui . Vedete, ogni uomo è spinto ad agire da due forze contrastanti che sono il bene ed il male ed ogni generazione è chiamata a rivivere per il suo tempo quest’eterna lotta; ma se noi crediamo nel bene e nella giustizia possiamo far tesoro degli errori di chi ci ha preceduto per cercare di non ripeterli.

Cosa ha provato, visitando il campo di Auschwitz e pensando a sua madre , a sua sorella , a suo fratello, agli zii e ai cugini che vi avevano trovato la morte?
Un senso d’irrealtà, ma la cosa che mi ha fatto più male è stata la risposta di alcuni giovani polacchi ai quali avevo chiesto le indicazioni per arrivarci. Nessuno sapeva, nessuno ricordava, era come se avessero rimosso dalla loro coscienza anche il pensiero dell'esistenza dei lager dove sei milioni di persone erano state sterminati: rispondevano a monosillabi continuando ad ascoltare nelle cuffiette la loro musica preferita; era come se ci fosse in atto una rimozione collettiva di un pezzo di storia che non li riguardava più; è stato in quel momento che ho sentito forte in me la missione quasi profetica di fare quanto potevo per mettere in guardia, soprattutto i giovani dal pericolo sempre incombente dei regimi totalitari.

La forza del male, è sempre presente in noi ed è per questo che non va mai abbassata la guardia. Anche dopo la seconda guerra mondiale, i vari dittatori hanno ripreso le persecuzioni contro i dissidenti e riaperto i campi di concentramento.
In Argentina, nella Russia sovietica, in Vietnam, in Cina...in molti, in troppi paesi, i diritti della persona umana vengono ancora calpestati; l'unica difesa a mio parere, è combattere ogni forma di dittatura ed adoperarsi per costruire una società più democratica.

A volte nei sopravvissuti nasce uno strano senso di colpa rispetto a coloro che invece non ce l’hanno fatta ad uscire vivi dal lager. Lei ha provato questo sentimento, e se sì, come è riuscito gestirlo?
E’ una lunga storia, mi ha aiutato credo, essere diventato partigiano nella brigata Garibaldi: avere la possibilità di combattere mentre gli altri venivano condotti al macello senza potersi difendere, ha attivato le mie difese immunitarie, ma è una lunga storia…

Ce la racconti sin dall’inizio, nonno Isacco..
E lui senza sottrarsi alla curiosità affettuosa richiesta dei giovani ha dato la stura alla lunga catena dei ricordi, rimarcando però con piacere quel nome uscito fuori spontaneo nell’immediatezza del colloquio:
“Nonno Isacco”… prima sono stato Isacco l’ebreo e poi Isacco il partigiano, poi ancora Isacco il testimone… mai ho voluto abiurare le mie origini ebraiche, anche se per quanto mi consta la mia famiglia è italiana da almeno quattro secoli. Sapete che finita la guerra, tutti pensavano che Isacco fosse il nome di battaglia con cui il comandante della Brigata partigiana aveva voluto celare la sua identità? Mai nessuno avrebbe pensato che un ebreo osasse combattere con il suo vero nome!

La sua famiglia era iscritta al partito fascista?
Certo, come tutti. Io sono nato a a Barge, un piccolo villaggio a pochi chilometri da Saluzzo: mio padre era commerciante di stoffe. Marco Levi , mio padre, era iscritto al partito Nazionale Fascista dal 1922, all'epoca non si poteva lavorare senza la tessera del partito, e lo rimase fino al ritiro della tessera quando entrarono in vigore le leggi razziali del 1938. Nel conflitto del1915-18 era stato ferito in guerra e decorato con la croce al merito, ma di tutto questo non si è tenuto alcun conto perché con la discriminazione razziale gli ebrei erano considerati semplicemente dei non-uomini, una sottospecie della razza umana, il che secondo i nazisti, giustificava la loro eliminazione.

Quando ci sono state le prime avvisaglie della persecuzione contro gli ebrei?
Nel 1938 con l'entrata in vigore delle leggi sulla discriminazione razziale, io allora avevo 14 anni. Il ricordo di quel giorno si è impresso indelebilmente nella mia mente: frequentavo il secondo ginnasio e dopo la prima ora di lezione, venni chiamato dal preside che mi comunicò che non potevo più stare a scuola. Io rimasi di stucco e chiesi il motivo del mio allontanamento, pensavo di aver commesso qualche marachella a cui non avevo dato il giusto peso... ma lui mi rispose che dovevo lasciare la scuola perché ero di razza ebraica e non ariana e quando aggiunse che l'allontanamento era definitivo, continuai a non capire, sentivo solo che mi batteva forte il cuore. Da quel giorno la mia vita non fu più la stessa. La mia famiglia viveva nelle ristrettezze, così per sostituire il certo con l’incerto, passai il confine per la Svizzera dove imparai il mestiere di odontotecnico. A quel tempo tutti in Italia adoperavano il caucciù per le protesi dentarie, in Svizzera invece m’insegnarono a lavorare con la resina che è molto più leggera. Allora ci illudevamo ancora che, scuola a parte, agli ebrei saebbe stato possibile vivere un'esistenza quasi normale.

E invece?
Invece in brevissimo tempo gli ebrei furono allontanati da ogni incarico pubblico, gli insegnanti, anche universitari, dovettero lasciare l'insegnamento, gli impiegati furono cacciati dal posto di lavoro, le licenze dei commercianti furono sospese... dopo l'approvazione delle leggi razziali gli ebrei, considerati come una sottospecie umana, furono trattati peggio degli animali...


Era una famiglia numerosa la sua?
Si , era una bella famiglia, oltre ai miei genitori c’era mio fratello Lelio, mia sorella Amelia e poi nonni, zii, cugini…ma nessuno di loro è sopravvissuto alla Shoah. I 13 componenti della mia famiglia sono stati tutti sterminati dai nazisti. Solo mio padre è morto prima: nel 1940 il Podestà di Saluzzo gli aveva ritirato la licenza di commerciante. Lui allora cercò di fare intestare la licenza alla mia nonna cattolica, ma la domanda venne bocciata. Cominciammo a pensare di emigrare in America quando inaspettatamente il ricorso venne accettato e ricominciammo ad illuderci. Ma nel 1943, pochi mesi prima dell’armistizio, mio padre, non ancora cinquantenne, venne a mancare stroncato da un’ulcera. La cerimonia del funerale venne vietata dalle autorità, perciò dietro la bara, le corone erano tutte rigorosamente anonime, per paura delle rappresaglie. Ormai eravamo considerati come bestie, ma nessuno di noi capiva il perché e non sapevamo che il peggio doveva ancora venire,
Come avete vissuto l’8 settembre?
Ci siamo illusi che la guerra era finita ma ci sbagliavamo: pochi giorni dopo tutti gli ebrei maschi furono portati a lavorare in un campo di aviazione tedesco della Todt, poco fuori Saluzzo. La mia salvezza fu di incontrare un polacco e avergli creduto: mi raccontò dei vagoni piombati diretti ad Auschwitz e da dove nessuno era più ritornato; mi raccontò di un giovane handicappato gettato giù dal terzo piano da un tenente tedesco… perciò io decisi di scappare e naturalmente avvertii gli altri, ma nessuno volle credermi, neanche mio fratello Lelio che decise di restare. Io invece il 15 Settembre riuscii a fuggire e mi rifugiai in montagna, fu così che diventai partigiano, per salvarmi la vita e non per una convinzione politica che allora mancava a me come a molti dei miei coetanei. A quei tempi non ero ancora riuscito a realizzare neanche il perché della svolta improvvisa dalla mia vita a partire dal mio allontanamento dalla scuola che ricordo ancora come se fosse successo ieri, e che rivivo ogni volta con una sensazione di stupore improvviso, misto ad un senso d’irrealtà e di angoscia indescrivibili.


Cosa successe ai suoi familiari?


Il 18 settembre 1943, le milizie fasciste intimarono a tutti gli ebrei del cuneese pena fucilazione, di presentarsi alla caserma di Borgo S. Dalmazzo e iniziarono i rastrellamenti; alcuni di loro andarono persino di loro spontanea volontà, senza consapevolezza, come pecore al macello. Il 21 novembre, 349 ebrei, stipati nei carri bestiame, partivano dalla stazione di Borgo con un convoglio ferroviario diretto al lager di Auschwitz. I vagoni furono sigillati e in ognuno furono ammassati un centinaio di esseri umani che viaggiarono per 10 giorni senza cibo e senza acqua, né poter scendere per fare i bisogni. All’arrivo, tra un puzzo indescrivibile la metà di loro erano morti. Tutto questo mi è stato raccontato da una sopravvissuta che ora abita a Trieste e che era stata internata nel lager di Auschwitz con mia sorella e mia zia.



Mia madre, Pia Clelia Levi di Mondovì, da Borgo S. Dalmazzo venne portata al carcere di Milano e poi al campo di Fossoli per essere trasferita al lager polacco dove però non arrivò mai, perché quando le guardie intimarono a tutti coloro che non riuscivano a stare in piedi, di andare su un camion, lei cercò di aiutare alcuni parenti che non riuscivano a salire e andò con loro: era una trappola perché dentro il furgone, i nazisti avevano messo un tubo di scarico con gas letale. Mia madre morì a 45 anni... almeno le furono risparmiati altri orrori. Quando arrivarono a destinazione i cadaveri furono immessi direttamente nei forni crematori. Mia zia sopravvisse fino all'arrivo degli alleati. I liberatori russi commisero l’imprudenza di far mangiare a volontà le larve dei prigionieri che avevano liberato; molti di loro soffocarono, ingurgitando il cibo. Mia zia morì con una patata in bocca.

Mia sorella è morta un mese prima della liberazione da Auschwitz: aveva diciassette anni ed era stata stuprata e seviziata ogni giorno della sua permanenza nel campo. Ma non voglio parlare dei dettagli di questo… Tutti gli altri membri della mia famiglia, tredici in tutto, compreso mio fratello Lelio, più grande di me di tre anni, sono stati sterminati ad Auschwitz.

Quando è finito l’incubo per i pochi sopravvissuti dei lager?
All’arrivo degli alleati nel 1945. Però c’è una cosa che noi ebrei ci siamo sempre chiesti senza capire: le forze alleate conoscevano l’esistenza dei lager già dal 1943, perciò sarebbe bastato bombardare la linea ferroviaria che conduceva ai lager per salvare milioni di vite umane e non solo di ebrei. Quale strategia militare ha impedito di prendere questa decione? A cinquant’anni di distanza, anche per molti storici, questa è ancora una domanda senza risposta.

Ritornando alla sua storia personale, com’è riuscito a sopravvivere allo sterminio dell’intera sua famiglia e diventare comandante della Brigata Garibaldi?
Io come gli altri, non ce l’avrei mai fatta senza l’aiuto delle popolazioni della Valle Varaita. Sono salito in montagna appena ventenne e come partigiano ho conservato il mio vero nome, tutti invece pensavano che Isacco fosse un nome di battaglia…
Il problema principale per tutti era la sopravvivenza: dovevamo ogni giorno procurarci i viveri, gli inverni erano rigidi e purtroppo c’erano anche delle spie tra gli italiani, ma la maggior parte della popolazione ci proteggeva. Un intero paese, Rossana, fu incendiato per rappresaglia perchè nessuno degli abitanti volle rivelare i nostri nascondigli. Eppure eravamo vicinissimi all'abitato. Nel 1944 passammo un intero inverno in una caverna che era raggiungibile solo salendo un centinaio di metri sopra la strada. Quell’inverno nevicò moltissimo e coprimmo l’ingresso con dei rami che ben si mimetizzavano tra la fitta vegetazione. I tedeschi erano sempre in zona e passarono decine di volte lungo la strada sotto la caverna, ma non si accorsero mai di nulla. Tutto il paese conosceva il nostro rifugio ma nessuno si lasciò mai scappare nulla, anzi ci portavano i viveri. Ma non era facile in pieno inverno reperire viveri per 300 uomini! Una mattina abbiamo prelevato alcuni maiali dalle stalle e con l’aiuto di un macellaio del posto, abbiamo fatto dei salami e li abbiamo appesi ad una trave nella grotta. Andammo avanti tutto l’inverno a salame e gallette! Alcune donne del paese ci avevano confezionato delle tute bianche per mimetizzarci meglio quando ci spostavamo in pianura. Gli abitanti del paese vedevano in noi i loro figli, ragazzi appena maggiorenni che erano partiti per la guerra senza far ritorno.


Ascoltando Radio Londra ed avevamo saputo che gli inglesi paracadutavano armi e rifornimenti alle brigate di Giustizia e Libertà quando queste segnalavano la loro presenza accendendo dei falò. Abbiamo usato il segnale anche noi, si era in guerra e bisognava sopravvivere! Nascondevamo la roba nei crepacci e poi la barattavamo con viveri. Un giorno avevamo solo 1 kg. di riso per tutti: il nostro comandante ce lo fece cucinare poi passò per la fila dandocene a turno un cucchiaio ciascuno: così per quel giorno, ognuno di noi ebbe l’illusione di aver mangiato riso.
Una volta, durante una scorribanda militare,io rimasi ferito: devo la vita ad un mio compagno che mi portò in spalla per 7 ore sino al luogo dove potevano medicarmi: era un meridionale. C’erano molti meridionali tra i partigiani: dopo l’8 settembre molti soldati avevano gettato via la divisa cercando disperatamente di raggiungere casa, ma per imeridio9nali era tutto più difficile perchè dovevano attraversare mezza Italia incrociando le forze naziste occupanti.Salire in montagna tra i partigiani era una via di fuga; militanti lo sono diventati poi, anche vedendo le feroci rappresaglie commesse dai nazisti e dai miliziani fascisti.


Cosa ha fatto dopo la liberazione?
Ho ripreso l’attività di mio padre: all’inizio al danno si è aggiunta la beffa: dal momento che i miei genitori avevano cessato la loro attività commerciale perché deportati nei campi di sterminio, ma senza dare comunicazione di cessata attività, dovetti pagare una specie di multa!

Ha avuto qualche risarcimento a guerra finita?
La richiesta di risarcimento per la Brigata Garibaldi è stata respinta con la motivazione che eravamo tutti comunisti. Ora la domanda si trova in Cassazione: se arriverà qualcosa, io non voglio niente per me, devolverò tutto in borse di studio per i ragazzi, in memoria delle vittime dell’olocausto.


Perché, secondo lei, la Palestina continua ad essere una terra senza pace? A chi attribuisce la responsabilità maggiore del conflitto, agli israeliani o agli arabi?
Domanda senza senso… mi fa pensare alla lotta dei gladiatori nell’ impero romano: non erano stati loro a decidere di combattere né tantomeno erano arbitri della loro vita, c’era sempre il dito dell’imperatore che decideva le sorti del combattimento all’ultimo sangue…
Sta forse sostenendo che in questo caso gli arbitri sono gli americani?
Gli americani o i paesi arabi o chi oggi gestisce il mercato del petrolio e delle armi…sto pensando all’oligarchia del denaro che passa sopra la testa della povera gente e che gioca sullo scacchiere del mondo una partita di potere e non di giustizia. Comunque io spero molto in Obama: credo che per la sua storia personale possa intraprendere una fase di distensione, dialogando con gli arabi e frenando l’espansionismo degli interessi occidentali, credo… voglio credere che la sua politica estera sarà una svolta rispetto all’aggressività di Bush.


E' giusto vendicarsi dei responsabili dell’olocausto o, come sostengono i cattolici, per estirpare il male, all'offesa si deve rispondere con il perdono?
Tra la vendetta e il perdono c’è una terza via che passa dalla memoria e conduce alla giustizia: essa è iniziata con il processo di Norimberga ed è continuata con la cattura di molti criminali nazisti che a guerra finita, grazie ad autorità compiacenti, si erano rifugiati in Sud America. Per questo è giusto far memoria dell’olocausto, per mettere in guardia le nuove generazioni dal rischio di ricadere in nuove dittature che non rispettano la vita dell’uomo. Bisogna sempre ricordare che ogni vita è sacra, indipendentemente dalla religione, dal colore della pelle o dall’opinione politica: perciò chi perseguita l’uomo, va non solo perseguito ma anche neutralizzato. È una questione di autodifesa e di giustizia, non a favore di un singolo gruppo, ebreo, armeno, rom o semplicemente immigrato che sia, ma l'umanità intera… Per questo io mi sento non solo ebreo e cittadino italiano ma soprattutto, un uomo appartenente al genere umano, ebreo di stirpe, italiano di cuore.


Si può applicare la legge del taglione e richiedere una vita per una vita?
No, il desiderio di vendicarsi è una vittoria dell'odio ed una sconfitta della giustizia e dell'amore: contribuisce a creare nuovo male. Ogni nuova generazione è sempre chiamata a costruire per sé, dal principio, una società più giusta; La memoria del male compiuto dalle generazioni precedenti, deve servire per evitare di ripetere gli stessi errori. Costruire una civiltà giusta, significa educare ai valori della democrazia e capire che la mia libertà finisce dove comincia quella dell’altro.


Però in Israele negli ultimi tempi sta passando anche il principio della rappresaglia…
Sarebbe più esatto parlare di autodifesa esagerata e comunque non condivisa da tutti gli israeliani. Israele è una realtà complessa ed uno stato non ancora realizzato: con una superficie poco più grande della Lombardia, è diventato in pochissimi anni uno degli stati più evoluti del mondo: gli ebrei hanno strappato la terra al deserto utilizzando un’agricoltura avanzatissima: i campi sono irrigati con un sistema d’impianto a pioggia che prevede anche l’installazione di tubi alti per non essere danneggiati dagli animali selvatici e biodegradabili, cioè che dopo aver esaurito il loro ciclo si decompongono per divenire concime; hanno inventato l’humus; hanno costruito le case dotandole di rifugi antiatomici, hanno dotato ogni soldato di armi sofisticate per l’autodifesa, capaci di segnalare un uomo a 300m. e un autovettura a 400m.. In Israele le donne come gli uomini sono soggette alla leva e possono essere piloti d’aereo e guidare i carri armati; ogni 3 mesi ci sono 8 giorni di aggiornamento per le nuove tecnologie. Se avessi vent’anni di meno mi piacerebbe trasferirmi in Israele e passeggiare nel Giardino dei Giusti dove ci sono gli alberi piantati in memoria di tutti gli uomini giusti della terra che hanno rischiato la loro vita per salvarne un'altra. tra di essi molti sono stati italiani: penso a Perlasca o a molti giusti come il sacerdote don De Maria, ucciso dagli squadristi della brigata nera di Cuneo…



Come si comportarono i cattolici in quel periodo?
Con luci ed ombre: ci furono atti di puro eroismo da parte della gente comune dei borghi che spesso nascondeva i partigiani rischiando la pelle e penso all' agosto del 1944, quando nell'incendio appiccato per rappresaglia al paese di Venasca, vennero distrutte metà delle abitazioni senza che nessuno dicesse dove erano i partigiani; penso alla figura eroica di don Costanzo De Maria, parroco di San Chiaffredo di Busca, prima percosso e malmenato nell'orto della canonica e poi fucilato per aver fornito aiuto e grano ai partigiani.


Come giudica l'atteggiamento del Papa verso gli ebrei?
Papa Giovanni XIII ha avuto coraggio ad andare per primo in sinagoga e chiedere perdono per l’olocausto. Più controversa per me è la figura di Papa Pio XII: si dice che abbia dato rifugio ad alcuni ebrei romani in Vaticano. Però a guerra finita molti gerarchi nazisti hanno ottenuto proprio dal Vaticano un lascia passare internazionale per espatriare impuniti in Sud America!
I miei rapporti personali con i cattolici sono buoni, tanto che a guerra finita ho sposato un' italiana di religione cattolica. Devo dire però di non esser mai stato un ebreo ortodosso, perciò è stato facile per me fare un patto con mia moglie: avremmo educato nella religione ebraica i figli maschi e avremmo lasciato libere le femmine di decidere. Sono nate solo figlie femmine, forse il Padre Eterno aveva stabilito dall’eternità che io fossi un testimone di giustizia tra i cattolici!


Come si pone Lei personalmente, in campo religioso?
Oh, gli ebrei sono stati il primo popolo, nel 5761 a. C., ad affermare l’esistenza del Dio unico. Spesso nella mia vita ho sentito come la protezione di una mano invisibile, forse era Dio, però dopo la morte di mia madre a volte penso che sia lei a proteggermi di lassù. Certamente credo in Dio e in una qualche forma di sopravvivenza dopo la morte.



Yad Vashem Gerusalemme
Museo dell'Olocausto

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